|
Legge e giustizia: venerd́ 29 marzo 2024
|
NEL GIUDIZIO DI CASSAZIONE PENALE E' LA DECISIONE AD ESSERE IMPUTATA - Precluso l'accesso agli atti tranne che nel caso di travisamento della prova (Cassazione Sezione Sesta Penale n. 22526 del 28 maggio 2015, Pres. Milo, Rel. Villoni).
|
E' affermazione corrente tra gli operatori del diritto penale che nel giudizio di cassazione è la decisione ad essere "imputata". Tale icastica definizione risulta del tutto appropriata, poiché è la pronuncia impugnata ad essere oggetto di diretta verifica da parte del giudice di legittimità. La Corte di cassazione, quindi, è giudice della sentenza e non del processo, ha il compito di controllare la corretta interpretazione della legge e la logicità dell'iter argomentativo poste a base del giudizio espresso in sede di merito; non è equiparabile ad una Terza Istanza (si pensi all'epoca, anteriore al positivismo giuridico, dei Grandi Tribunali), quale giudice dell'intero processo di cui conosce il merito e che ignora la distinzione tra quaestio iuris e quaestio facti, fungendo, per così dire, da "Corte di secondo appello".
E' pur vero che, con la legge 20 febbraio 2006 n. 46 (art. 8, comma 1, lett. b), che ha sostituito la lettera e) dell'art. 606, comma 1, cod. proc. pen., si è ampliato il sindacato di legittimità sul vizio di motivazione, nella chiara prospettiva di garantire la correttezza e la completezza delle informazioni su cui fondare la motivazione medesima; ciò, però, non snatura il sindacato di legittimità che rimane circoscritto alla sentenza e al percorso giustificativo su cui essa riposa, il che impedisce - di norma - l'accesso agli atti processuali, a meno che il motivo di ricorso dedotto, per la sua specificità e decisività, non denunci un travisamento della prova. La Corte Suprema non condanna o non assolve l'imputato; a farlo è il giudice del ricorso (ordinario ex artt. 606 comma 2, 607 comma 1 e 608 comma 1 cod. proc. pen. o immediato ex art. 569 comma 1 cod. proc. pen.). Compito precipuo della Corte di cassazione - lo si ribadisce - è soltanto quello di controllare l'osservanza e la corretta applicazione della legge penale, delle norme giuridiche extrapenali integratrici e di quelle processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza (artt. 606 comma 1, lett. d) e c) cod. proc. pen.) e di verificare la presenza, la non contraddittorietà e la "tenuta logica" della motivazione, eventualmente anche sotto il profilo della mancata assunzione di una prova decisiva (art. 606, comma 1, lett. d) ed e) cod. proc. pen.). L'intervento della Corte di Cassazione, conclusivamente, non può che essere relazionato alla natura e alla qualità dell'atto di ricorso e alla sentenza cui esso si riferisce, per rappresentarne la patologia sia sul piano formale (errores in procedendo) che su quello sostanziale (errores in iudicando).
© 2007 www.legge-e-giustizia.it |
|