|
Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024
|
L'UNIFORME INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE REALIZZA IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - E pone un argine al contenzioso (Cassazione Sezione Lavoro n. 10629 del 22 maggio 2015, Pres. Macioce, Rel. Amendola).
|
Una volta che l'interpretazione
della regula iuris è stata enunciata con l'intervento nomofilattico
della Corte regolatrice - sino a riconoscere di dover respingere le opposte
prospettazioni per infondatezza manifesta e tanto più se affermata rispetto ad
analoghe pretese di lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro - essa
"ha anche vocazione di stabilità,
innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore
delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009
(art. 360 bis c.p.c., n. 1)" (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011). Invero il
rafforzamento della funzione nomofilattica, attuato con strumenti processuali
diretti a consolidare la "uniforme
interpretazione della legge", rappresenta, sul piano dei principi
costituzionali, da una parte una più piena realizzazione del principio di
eguaglianza (art. 3, co. 1, Cost.) e d'altra parte indirettamente favorisce
anche la ragionevole durata del processo (art. 111, co. 2, Cost.), perché è
proprio la certezza del diritto e l'affidamento sulla tendenziale stabilità dei
principi di diritto a rappresentare un forte argine deflativo del contenzioso. In
sintesi, il principio costituzionale per il quale il giudice è soggetto
soltanto alla legge - e non ai precedenti - è necessariamente bilanciato dal principio
di eguaglianza, che vuole tutti uguali davanti alla legge, coniugato con il
principio della "unità del diritto oggettivo nazionale" (art. 65 Ord. Giud.).
© 2007 www.legge-e-giustizia.it |
|