Legge e giustizia: venerd́ 19 aprile 2024

Pubblicato in : Giudici avvocati e processi

NEL PROCESSO DEL LAVORO I POTERI ISTRUTTORI UFFICIOSI NON VANNO ESERCITATI SULLA BASE DEL SAPERE PRIVATO DEL GIUDICE - Rispetto del principio dispositivo (Cassazione Sezione Lavoro n. 20315 del 9 ottobre 2015, Pres. Stile, Rel. Lorito).

Nel rito del lavoro il mancato esercizio da parte del giudice di merito dei poteri ufficiosi ex art. 421 c.p.c., preordinato al superamento di una meccanica applicazione delle regole del giudizio fondata sull'onere della prova, non è censurabile con ricorso per cassazione ove la parte non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tali sensi, indicando anche i relativi mezzi istruttori (cfr. ex plurimis da ultimo 23 ottobre 2014 n. 22534 ed in precedenza Cass. 12 marzo 2013 n. 6023). E sempre in relazione ai presupposti richiesti per l'esercizio del potere d'ufficio ex artt. 421 e 437 va rimarcato come questa Corte ha statuito che detto potere, esercitabile anche in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, non è però meramente discrezionale, presentandosi come un potere - dovere, sicché il giudice del lavoro non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova, avendo l'obbligo - in ossequio a quanto prescritto dall'art. 134 cod. proc. civ., ed al disposto di cui all'art. 111, primo comma, Cost. sul "giusto processo regolato dalla legge" - di esplicitare le ragioni per le quali reputi di far ricorso all'uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una delle parti, ritenga, invece, di non farvi ricorso. Ma per l'esercizio di un siffatto potere è comunque e sempre necessario il rispetto del principio dispositivo, non potendo detto potere esercitarsi sulla base del sapere privato del giudice, con riferimento a fatti non allegati dalle parti o non acquisiti al processo in modo rituale, dandosi ingresso alle cosiddette prove atipiche, ovvero ammettendosi una prova contro la volontà delle parti di non servirsi di detta prova o, infine, in presenza di una prova già espletata su punti decisivi della controversia, ammettendo d'ufficio una prova diretta a sminuirne l'efficacia e la portata.


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