Legge e giustizia: venerd́ 19 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

IN SEDE DISCIPLINARE IL LAVORATORE HA DIRITTO ALL'AUDIZIONE ANCHE SE LA CHIEDE QUANDO SONO TRASCORSI PIU' DI CINQUE GIORNI DALLA CONTESTAZIONE DELL'ADDEBITO - Il termine previsto dall'art. 7 St. Lav. non è decadenziale (Cassazione Sezione Lavoro n. 23140 del 12 novembre 2015, Pres. Roselli, Rel. De Marinis).

Con sentenza del 26 maggio 2009, la Corte d'Appello di Firenze, ha confermato la decisione resa dal locale Tribunale accogliendo la domanda proposta da Anne C. P. nei confronti di Poste Italiane S.p.A. sua datrice di lavoro avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole per non essersi presentata al lavoro dopo l'invito alla ripresa del servizio rivoltole dalla Società in esecuzione dell'ordine giudiziale di reintegra emesso all'esito del giudizio di impugnazione della clausola appositiva del termine al contratto con il quale era stata originariamente assunta. La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto la nullità del procedimento disciplinare per violazione del principio del contraddittorio. La datrice di lavoro ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza della Corte fiorentina per aver ritenuto illegittima da parte della Società la mancata audizione a difesa dalla lavoratrice destinataria della contestazione disciplinare, da questa, tuttavia, richiesta oltre il termine di giorni cinque dalla legge assegnato al lavoratore per l'inoltro delle proprie giustificazioni.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 23140 del 12 novembre 2015, Pres. Roselli, Rel. De Marinis), ha rigettato il ricorso rilevando che il termine di cinque giorni assegnato al lavoratore per l'esercizio del diritto di difesa a fronte della contestazione disciplinare ricevuta non è configurabile alla stregua di un termine decadenziale, per cui, una volta decorso il predetto termine, di tale diritto resterebbe preclusa la facoltà di esercizio. Esso pone il dies a quo per la manifestazione della volontà di licenziare ma, se tale volontà non sia stata ancora manifestata, non preclude al lavoratore di difendersi. Sicché, l'indicazione legale del predetto termine, mentre vale a consentire al datore, una volta che lo stesso sia decorso, di valutare la circostanza del mancato invio delle giustificazioni o della richiesta di audizione da parte del lavoratore come indicativa della rinuncia all'esercizio del diritto di difesa e dare avvio, così, a quello "spatium deliberandi" che, in base alla legge, deve precedere l'irrogazione della sanzione, nel contempo, ammette che una simile valutazione risulti smentita dal comportamento eventualmente difforme che il lavoratore assuma nell'arco temporale intercorrente tra il decorso del termine e l'adozione del provvedimento sanzionatorio, imponendo, in tal caso, al datore di dar corso al richiesto esercizio del diritto di difesa, nel rispetto, comunque dovuto, del principio del contraddittorio. Si deve, pertanto, ritenere - ha osservato la Corte - che, ancorché il termine di cinque giorni dalla ricezione della contestazione disciplinare - fissato dal datore di lavoro sulla base dell'art. 7, L. n. 300/1970 ed entro il quale il lavoratore deve manifestare la volontà di essere sentito a sua discolpa - non sia stato rispettato dal lavoratore, tuttavia la sanzione disciplinare è illegittima se, prima della sua inflizione, il datore di lavoro abbia ricevuto la manifestazione di volontà del lavoratore e l'abbia ignorata. Il ricorso va dunque rigettato. 


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