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Legge e giustizia: venerd́ 29 marzo 2024
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IL RICORSO PER CASSAZIONE DEVE CONSENTIRE UNA CHIARA E COMPLETA COGNIZIONE DEI FATTI SENZA DOVER RICORRERE AD ALTRE FONTI O ATTI - Compresa la sentenza impugnata (Cassazione Sezione Lavoro n. 20719 del 14 ottobre 2015, Pres. Stile, Rel. Lorito).
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Il requisito della esposizione
sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per
cassazione dall'art. 366 c.p.c., comma l, n. 3, è volto a garantire la regolare
e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto laddove il contenuto del ricorso
consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere
una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia
e dell'oggetto dell'impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti
in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass.
9 marzo 2010 n. 5660, Cass. 12 giugno 2008 n. 15808, Cass., SU, 18 maggio 2006
n. 11653). In ragione del ricordato principio di autosufficienza del ricorso
per Cassazione, il ricorrente ha, dunque, l'onere di indicare in maniera
specifica e perspicua gli elementi tutti che sostenevano la domanda al fine di
consentire al giudice di legittimità la valutazione della fondatezza delle
ragioni di censura solo sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, senza
la necessità di far rinvio o accedere a fonti estranee allo stesso ricorso e,
quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso giudizio di merito. Pertanto,
nel caso di specie, vertendo la doglianza sull'asserita errata valutazione
delle voci di danno oggetto di rivendicazione, sarebbe stato onere del
ricorrente non solo indicarle, ma anche specificare se e in che termini le
stesse erano state effettivamente allegate nel ricorso introduttivo del
giudizio di primo grado, così da consentire alla Corte la possibilità di
verificare, sulla base del ricorso medesimo, l'oggetto effettivo della pretesa
azionata (petitum mediato).
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