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Legge e giustizia: venerd́ 19 aprile 2024
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IL LAVORATORE ASSUNTO A TEMPO DETERMINATO HA DIRITTO A PERCEPIRE I COMPENSI INCENTIVANTI VERSATI AI DIPENDENTI IN ORGANICO - Non discriminazione (Cassazione Sezione Lavoro n. 24736 del 4 dicembre 2015, Pres. Macioce, Rel. Blasutto).
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Giorgio N. ha lavorato alle
dipendenze della Croce Rossa Italiana con contratti di lavoro a tempo
determinato in qualità di autista soccorritore, inquadrato nell'Area A,
posizione A2 CCNL enti pubblici non economici. Egli ha percepito una retribuzione
inferiore a quella corrisposta ai dipendenti della CRI con contratto a tempo
indeterminato in quanto non gli sono stati corrisposti i compensi incentivanti
versati ai lavoratori stabilmente in organico. Pertanto egli ha chiesto al
Tribunale di Brescia di condannare la CRI al pagamento dei compensi arretrati
spettanti a tale titolo. A sostegno
della domanda, ha dedotto che il mancato riconoscimento di tale componente
della retribuzione accessoria contrastava con la normativa comunitaria e con il
principio di non discriminazione di cui all'art. 6 d.lgs. 368/01, non
derogabile se non in presenza di una obiettiva incompatibilità della natura e
funzione del compenso con la prestazione di lavoro a tempo determinato e che
tale incompatibilità, il cui onere di allegazione e prova gravava
sull'Amministrazione, nella specie non sussisteva avendo il ricorrente svolto
il medesimo lavoro di autista soccorritore dei colleghi assunti a tempo indeterminato
ed inquadrati nella stessa qualifica, contribuendo così allo stesso modo al miglioramento
della produttività dell'Ente. Sulla base di tali premesse, egli ha chiesto che
fosse accertato il suo diritto a percepire il compenso incentivante previsto
dal CCNL per il periodo 5 luglio 2006 - 31 dicembre 2010 e che, conseguentemente,
la C.R.I. fosse condannata al pagamento dei compensi arretrati spettanti a tale
titolo nella misura specificata, o in quella diversa misura maggiore o minore
ritenuta di giustizia, oltre accessori. In primo grado la domanda è stata
accolta dal giudice adito, secondo il quale non esiste una astratta
incompatibilità fra la causale del trattamento e la natura temporanea della prestazione;
l'obiettivo di migliorare la qualità del servizio mediante erogazioni correlate
alla produttività collettiva e individuale vale anche nel caso del contratto a
termine; inoltre, in base al principio di non discriminazione espresso
dall'art. 6 del d.lgs. 368/01 era la parte convenuta a dover fornire la prova
degli elementi di oggettiva incompatibilità e tale dimostrazione non era stata
data; per altro verso il contratto integrativo 2006/2009 aveva espressamente
esteso il sistema incentivante ai lavoratori a tempo determinato, il che rafforzava
la tesi per il periodo pregresso. La C.R.I. è stata condannata al pagamento del
compenso incentivante per il periodo 2006-2010, calcolato sulla media di quello
corrisposto ai colleghi di Giorgio N. con le medesime mansioni, oltre interessi
legali. In grado di appello la Corte di Brescia ha accolto il gravame di C.R.I.
e ha riformato la sentenza impugnata, osservando che, alla stregua della
disciplina dettata dall'art. 32 CCNL comparto Enti pubblici non economici, le
voci della retribuzione accessoria ivi previste, pur potendo essere
astrattamente compatibili con la prestazione a tempo determinato (e di durata annuale),
richiedono che siano provati, in relazione alla natura di ciascuna di esse, i
relativi presupposti giustificativi (se fossero stati fissati obiettivi e se il
raggiungimento degli stessi fosse stato verificato o, viceversa, se i compensi
fossero stati conferiti a tutti i lavoratori a tempo indeterminato,
indipendentemente da tale verifica). Il lavoratore ha proposto ricorso per
cassazione censurando la decisione della Corte bresciana per violazione di
legge e di contratto collettivo.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro
n. 24736 del 4 dicembre 2015, Pres. Macioce, Rel. Blasutto) ha accolto il
ricorso. Essa ha ricordato che la clausola 4, punto 1 dell'accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato oggetto della Direttiva del Consiglio 28 giugno
1999, 1999/70/CE stabilisce: "Per
quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non
possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo
indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di
lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive".
Tale disposizione ha trovato coerente recezione nell'ordinamento interno, sotto
la medesima rubrica (Principio di non discriminazione), nell'art. 6 d.1gs.
368/2001, secondo cui al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato
spetta (oltre alle ferie, alla gratifica natalizia o alla tredicesima
mensilità, al trattamento di fine rapporto, anche) "ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con
contratto a tempo indeterminato comparabili" (intendendosi per tali
quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione
stabiliti dalla contrattazione collettiva) "in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia
obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine".
Nell'interpretazione della giurisprudenza della Corte di giustizia UE - ha
rilevato la Cassazione - la suddetta direttiva, relativa all'accordo quadro
CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato e l'accordo quadro ad essa
allegato si applicano ai contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato
conclusi con le amministrazioni e gli altri enti del settore pubblico ed
esigono che sia esclusa qualsiasi disparità di trattamento tra dipendenti
pubblici di ruolo e dipendenti pubblici temporanei comparabili di uno Stato
membro, per il solo motivo che questi ultimi lavorino a tempo determinato, a
meno che la disparità di trattamento non sia giustificata da ragioni oggettive
nell'accezione di cui alla clausola 4, punto 1 di detto accordo quadro (Corte
giust. UE 8 settembre 2011, in causa C-177/10). E la nozione di "ragioni
oggettive" richiede che la disparità di trattamento sia giustificata dalla
sussistenza di elementi precisi e concreti che contraddistinguano il rapporto
di impiego in questione, nel particolare contesto in cui si iscrive e in base a
criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità
risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito
e risulti a tal fine necessaria (Corte giust. UE 13 settembre 2007, in causa
C-307/05). Sicché - ha concluso la Cassazione - i lavoratori a tempo
determinato possono opporsi ad un trattamento contrattuale di natura
retributiva meno favorevole, al di fuori di qualsiasi giustificazione
obiettiva, di quello riservato ai lavoratori a tempo indeterminato che si
trovino in una situazione comparabile, non potendo il carattere temporaneo del
rapporto di lavoro di taluni dipendenti pubblici costituire, di per sé, una
ragione oggettiva ai sensi di tale clausola dell'accordo quadro, risolvendosi
nella negazione, appunto discriminatoria, di una condizione di impiego (Corte Giust.
UE 22 dicembre 2010, in cause C-444/09 e C-456/09, con specifico riferimento a
un'indennità di servizio per anzianità).
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