Legge e giustizia: martedì 23 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

NELL'ATTUALE SITUAZIONE DI DISOCCUPAZIONE STRUTTURALE È RAZIONALE COLLOCARE IN MOBILITÀ I LAVORATORI PIÙ VICINI AL PENSIONAMENTO - In caso di riduzione del personale per ridimensionamento dell’azienda (Cassazione Sezione Lavoro n. 13691 del 7 dicembre 1999, Pres. De Tommaso, Rel. Filadoro).

In materia di riduzione del personale la legge n. 223 del 1991 stabilisce che l’individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive e organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti di contratti collettivi stipulati con i sindacati, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto di tre criteri, in concorso tra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità, c) esigenze tecnico-organizzative e produttive.

Alla fine del 1992, la Texas Instruments ha in un primo tempo collocato in cassa integrazione e successivamente messo in mobilità un certo numero di dipendenti. Per la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità essa ha concordato con le organizzazioni sindacali criteri diversi da quelli stabiliti dalla legge n. 223 del 1991. In particolare, tra l’azienda e i sindacati si è stabilito che sarebbero stati licenziati i lavoratori con anzianità contributiva di almeno 28 anni e con età inferiore di non più di 10 anni a quella del pensionamento; è stata prevista un’integrazione, a carico dell’azienda, del trattamento di mobilità in misura di lire 200 mila mensili. A.D., licenziata in applicazione di tale accordo, ha impugnato il licenziamento davanti al Pretore di Santa Maria Capua Vetere sostenendo, tra l’altro, che i criteri di scelta concordati tra l’azienda e i sindacati erano non solo diversi ma addirittura contrari a quelli stabiliti dalla legge, che intende tutelare nelle procedure di riduzione del personale proprio i dipendenti con maggiore anzianità di servizio. Il Pretore ha rigettato la domanda e la sua decisione è stata confermata in grado di appello dal locale Tribunale.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 13691 del 7 dicembre 1999, Pres. De Tommaso, Rel. Filadoro), ha rigettato il ricorso della lavoratrice, affermando che il criterio di scelta basato sull’anzianità contributiva e sulla prossimità all’età pensionabile deve ritenersi razionale e legittimo, come è stato affermato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 268 del 1994, in quanto la svalutazione del privilegio tradizionale dell’anzianità di servizio, nei confronti del lavoratori prossimi al raggiungimento dei requisiti per fruire del trattamento di quiescenza, può essere giustificata in una situazione del mercato tale da escludere per i lavoratori più giovani la possibilità di trovare a breve tempo un altro posto.

Il criterio della prossimità al pensionamento – ha affermato la Suprema Corte – non può pertanto ritenersi discriminatorio ed irrazionale, in quanto produce un evento meno traumatico di quello che potrebbe verificarsi secondo i criteri indicati dalla legge; esso del resto, consente di formare una graduatoria rigida, e quindi di essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità per il datore di lavoro: il che appare esattamente in linea con lo spirito della legge che era quello di eliminare, attraverso l’adozione di criteri di scelta concordati, ovvero applicando la regola legale sussidiaria, ogni possibilità di scelta discrezionale dei lavoratori da licenziare. Del resto, in una situazione di disoccupazione strutturale, quale quella attuale – ha affermato la Corte Suprema di Cassazione - appare perfettamente razionale e giustificato che i lavoratori collocati in mobilità siano quelli più prossimi al pensionamento, soprattutto quando essi conservino – come nel caso di specie hanno incensurabilmente accertato i giudici di merito – una posizione quasi identica a quella precedente, con la garanzia di mantenere il trattamento economico loro riservato sino al raggiungimento dell’età pensionabile.


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