Legge e giustizia: venerdì 26 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

IL PROFESSIONISTA CHE SI TENGA STABILMENTE A DISPOSIZIONE DEL DATORE DI LAVORO PUÒ ESSERE RITENUTO LAVORATORE SUBORDINATO - Anche se mantiene un certo grado di autonomia derivante dalla natura creativa della prestazione (Cassazione Sezioni Unite Civili n. 865 del 7 dicembre 1999, Pres. Panzarani, Rel. Giannantonio).

L’architetto D.R. ha chiesto al Pretore di Napoli di condannare la locale Università statale a pagargli la somma di circa 130 milioni a titolo di compenso professionale, per l’attività didattica e paradidattica svolta nel periodo dal gennaio 1981 al dicembre 1988 presso la Cattedra di progettazioni architettoniche: assistenza alla lezioni settimanali dei docenti; partecipazione agli incontri interni di programmazione didattica, svolgimento di corsi di esercitazioni; correzione degli elaborati grafici degli studenti; predisposizione e cura di attività seminariali di intesa con i docenti; collaborazione con gli studenti nelle ricerche attinenti al corso; partecipazione alle commissioni di esame di profitto; stesura dei programmi, allestimento di mostre didattiche ed altre attività di carattere organizzativo interno complementari all’insegnamento. Egli ha escluso di avere lavorato in condizioni di subordinazione e ha chiesto di determinare la somma dovutagli in via equitativa, usando come parametro l’accordo contrattuale per i ricercatori, con riferimento a una prestazione di circa 11 ore settimanali. Il Pretore ha accolto la domanda. L’Università ha proposto appello sostenendo tra l’altro, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in quanto la situazione prospettata dall’architetto denotava la prestazione di lavoro in condizione di subordinazione onde si configurava un rapporto di pubblico impiego in ordine al quale la giurisdizione spettava al TAR. Il Tribunale ha accolto l’appello, escludendo la giurisdizione del giudice ordinario. L’architetto ha proposto ricorso davanti alla Suprema Corte sostenendo che il rapporto intercorso tra lui e l’Università non era qualificabile come rapporto di impiego pubblico in quanto era privo del requisito della subordinazione gerarchica e non sussisteva la volontà dell’ente di inserire il lavoratore nella propria organizzazione come dipendente.

La Suprema Corte (Sezioni Unite Civili n. 865 del 7 dicembre 1999, Pres. Panzarani, Rel. Giannantonio), ha rigettato il ricorso, affermando che il vincolo di subordinazione assume una particolare configurazione quando la prestazione ha carattere creativo e non meramente esecutivo come ad esempio nel caso del lavoro dell’insegnante, del giornalista o in genere di un professionista. In questi casi sussiste un rapporto di lavoro subordinato quando il professionista si tenga stabilmente a disposizione del datore di lavoro per eseguirne le istruzioni, mentre sussiste un rapporto di lavoro autonomo quando le prestazioni siano singolarmente convenute in base a una successione di incarichi fiduciari.

Nel caso in esame – ha osservato la Corte Suprema di Cassazione - lo stesso ricorrente afferma di avere svolto "un'attività del tutto assimilabile, sia sotto il profilo della qualità che sotto il profilo della quantità, a quella di un ricercatore universitario": esercitazioni, correzioni di elaborati, collaborazioni nelle ricerche degli studenti, partecipazioni alle commissioni d'esame di profitto e laurea, stesura di programmi, organizzazione di seminari, preparazione di mostre didattiche. Questi compiti, nel loro complesso si palesano pienamente omogenei a quelli del docente titolare ed altresì del ricercatore; il cui oggetto non è il conseguimento di un'opera o di un risultato compiuto, quanto piuttosto la messa a disposizione delle energie e della capacità professionale del prestatore di lavoro che viene così inserito nella organizzazione per i suoi fini istituzionali.


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