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Legge e giustizia: venerd́ 19 aprile 2024
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IL GIUDICE NON PUO' DECIDERE IN BASE A UNA QUESTIONE RILEVATA D'UFFICIO, SENZA AVERLA PREVIAMENTE SOTTOPOSTA ALLE PARTI - Garanzia del diritto di difesa (Cassazione Sezione Lavoro n. 10353 del 19 maggio 2016 Pres. Mammone, Rel. Manna).
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Il principio del contraddittorio,
già sancito dall'art. 101 c.p.c., è stato ulteriormente rafforzato dall'introduzione
nello stesso articolo di un co. 2° (ad opera della legge 18.6.09 n. 69, di
riforma del processo civile), che così recita: "Se ritiene di porre a
fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva
la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non
inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il
deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima
questione". Si tratta di norma di carattere generale, concernente anche il
rito del lavoro. La novella legislativa ha, dunque, esteso anche ai gradi di
merito il principio formalizzato, per il giudizio di cassazione, dall'art. 384
co. 3° c.p.c., come novellato dall'ad. 12 d.lgs. 2.2.06 n. 40. In altre parole
il giudice non può decidere la lite in base ad una questione rilevata d'ufficio
senza averla previamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla
stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle difese in relazione
al mutato quadro della materia del contendere. Diversamente, risulterebbero
violati i diritti di difesa per mancata realizzazione del contraddittorio. In
conclusione, il quadro sistematico di riferimento (legislativo e giurisprudenziale)
è ormai chiaro e coerente nel prevedere che i rilievi d'ufficio devono avvenire
in modo da provocare il contraddittorio sulla relativa questione e, quindi, mai
"a sorpresa" (cioè solo nella motivazione della sentenza). Ma l'ambito delle
questioni rilevabili d'ufficio per le quali si pone l'obbligo del giudice di
stimolare il contraddittorio, ovvero per le quali esiste il divieto della sentenza
della "terza via", si estende solo a questioni di fatto od eccezioni rilevabili
d'ufficio, non anche ad una diversa valutazione del materiale probatorio (con
conseguente correzione della motivazione che, come è noto, può avvenire sia in
appello che in sede di legittimità).
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