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Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024
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L'ALLEGAZIONE DEL DANNO PROFESSIONALE E' DESUMIBILE DALL'IMPOSTAZIONE DEL RICORSO E DALLA RICOSTRUZIONE DEI FATTI - Ai fini del risarcimento in via equitativa (Cassazione Sezione Lavoro n. 14204 del 12 luglio 2016, Pres. Nobile, Rel. Bronzini).
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Alessandro T. dipendente della
Cassa di Risparmio di Perugia, quadro direttivo titolare della filiale di
Pozzano Umbro è stato trasferito alla filiale di Tavernelle con mansioni di
cassiere. Egli si è rivolto al Tribunale di Perugia che, con sentenza del 4
febbraio 2011 ha dichiarato l'illegittimità del trasferimento ed ha condannato
l'azienda al risarcimento del danno da demansionamento, quantificato nella
misura del 30% della retribuzione, pari a euro 140.000. In grado di appello la
Corte di Perugia ha confermato la dichiarazione di illegittimità del trasferimento
e l'accertamento del demansionamento, ma ha rigettato la domanda risarcitoria
per difetto di allegazione. Il
lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza della
Corte perugina per violazione di legge.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro
n. 14204 del 12 luglio 2016, Pres. Nobile, Rel. Bronzini) ha accolto il ricorso
affermando che la Corte perugina aveva erroneamente escluso l'esistenza di
un'allegazione sufficiente alla determinazione equitativa del risarcimento del
danno. La decisione della Suprema Corte è stata motivata come segue:
"Va premesso che ormai si è
formata il giudicato in ordine all'avvenuta dequalificazione dell'attuale parte
ricorrente e si discute esclusivamente in ordine al denegato risarcimento del
danno da demansionamento che la Corte di appello ha escluso richiamando la nota
sentenza di questa Corte (a Sezioni Unite) n. 6572/2006 che ha affermato il
principio per cui per la liquidazione del danno, anche alla professionalità
derivante dall'inadempimento datoriale vi deve essere una allegazione specifica
da parte dei danneggiato,
esclusa nel caso di specie. Tuttavia non sembra al Collegio che i principi
affermati da questa Corte nel 2006 portino al rigetto della domanda; va sul
punto ricordato quanto affermato da questa Corte nel 2010 (sempre a sezioni
Unite) secondo cui "nell'ipotesi
di demansionamento, il danno non patrimoniale è risarcibile ogni qual volta la
condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i diritti
del lavoratore che siano oggetto di tutela costituzionale, in rapporto alla
persistenza del comportamento lesivo (pure in mancanza di intenti
discriminatori o persecutori idonei a qualificarlo come "mobbing"),
alla durata e reiterazione delle situazioni di disagio professionale e
personale dei dipendente,nonché all'inerzia del datore di lavoro rispetto alle
istanze del lavoratore. Nella specie, relativa a dipendente del Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale dapprima investito della reggenza "ad
Interim" di una sezione circoscrizionale dell'ufficio del lavoro e poi
trasferito alla direzione provinciale con mansioni deteriori quali l'informazione al pubblico e la
protocollazione della corrispondenza, la S.C., in applicazione del principio, ha cassato la decisione di
merito, che aveva liquidato il danno professionale in una misura "poco più
che simbolica" (Cass. n. 4063/2010). Inoltre la S.C. ha affermato con sentenza n. 19778/2014: "In tema di dequalificazione
professionale, il giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile
in cassazione se adeguatamente motivato, può desumere l'esistenza del relativo
danno, di natura patrimoniale e il cui onere di allegazione incombe sul
lavoratore, determinandone anche l'entità in via equitativa, con processo
logico - giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in
base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza
lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata dei
demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre
circostanze del caso concreto. (Nella specie, la S.C. ha qualificato in termini
di demansionamento, fonte di danno
risarcibile, l'assegnazione, ad un
dirigente medico, del solo incarico di responsabile del progetto di
informatizzazione del pronto soccorso, con esclusione dell'esercizio della
professione medica)" ( cfr. anche Cass. n. 2257/2012). Pertanto è indubbio
che gravava sul lavoratore l'indicazione degli "elementi di fatto relativi
alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di
professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale
della dequalificazione", ma emerge che allegazioni di questo tipo
meramente fattuali il ricorrente le abbia obiettivamente sviluppate essendo
desumibili dall'impostazione del ricorso e dalla ricostruzione dei fatti,
apparendo del tutto irrilevante che le medesime circostanze non abbiano trovato
nel ricorso una esposizione specifica sul piano della richiesta del
risarcimento del danno che il Giudice doveva liquidare anche in via equitativa
sulla base di elementi obiettivamente risultanti dal ricorso. Pertanto la nota
decisione di questa Corte a Sezioni unite non ostava a questa determinazione in
via equitativa del danno posto che, come detto, gli elementi rilevanti sul
piano obiettivo per una liquidazione in via equitativa del danno emergevano
dalla ricostruzione della vicenda operata in ricorso e sulla cui base peraltro
i Giudici di merito hanno accertato l'esistenza di un demansionamento."
La
causa è stata rinviata per nuovo esame con rinvio alla Corte di Perugia in
diversa composizione.
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