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Legge e giustizia: marted́ 23 aprile 2024
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APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE AL LAVORATORE CON CONTRATTO A TEMPO PARZIALE - Non solo in materia di retribuzione (Cassazione Sezione Lavoro n. 18709 del 23 settembre 2016, Pres. Nobile, Rel. De Gregorio).
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La materia del lavoro a tempo
parziale disciplinata dai decreto
legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 (G.U. n. 66 del 20.3.2000), che è
attuativo della direttiva 97/81/CE, relativa all'accordo-quadro sul lavoro a
tempo parziale concluso dall'UNICE, dai CEEP e dal CES tra le proprie finalità prevede,
alla lettera a), quella di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei
confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro
a tempo parziale. La clausola 3) di tale accordo, riguardante le definizioni,
stabilisce che si intende per: 1) "lavoratore a tempo parziale'', Il lavoratore
il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un
periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un
lavoratore a tempo pieno comparabile; 2) "lavoratore a tempo pieno comparabile",
il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento, che ha lo stesso tipo di
contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile,
tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l'anzianità e le
qualifiche/competenze. Nella stessa clausola è stabilito che, qualora non
esista nessun lavoratore a tempo pieno comparabile nello stesso stabilimento,
il paragone si effettui con riferimento al contratto collettivo applicabile o,
in assenza di contratto collettivo applicabile, conformemente alla legge, ai
contratti collettivi o alle prassi nazionali. Inoltre, ai primi tre punti della
clausola 4) sul principio di non-discriminazione è previsto che per quanto
attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono
essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno
comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un
trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive (1), che dove
opportuno, si applica il principio "pro rata temporis" (2) e che le
modalità di applicazione della presente clausola sono definite dagli Stati
membri e/o dalle parti sociali, tenuto conto della legislazione Europea e delle
leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali (3). Nel dare
attuazione a tale direttiva il legislatore nazionale ha introdotto, con il
D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4, il principio di non discriminazione, stabilendo
quanto segue: 1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta ed
indiretta previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore a tempo parziale
non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo
pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello
in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di
cui all'art. 1, comma 3, per il solo motivo di lavorare a tempo parziale. 2.
L'applicazione del principio di non discriminazione comporta che: a) il
lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a
tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l'importo della
retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie annuali; la
durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; la
durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia;
infortuni sul lavoro, malattie professionali; l'applicazione delle norme di
tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l'accesso
ad iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro;
l'accesso al servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze
indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali,
ivi compresi quelli di cui al titolo 3^ della L. 20 maggio 1970, n. 300, e
successive modificazioni. I contratti collettivi di cui all'art. 1, comma 3,
possono provvedere a modulare la durata del periodo di prova e quella del
periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia qualora
l'assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;
b) il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in
ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per
quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti
di essa; l'importo della retribuzione feriale; l'importo dei trattamenti
economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità.
Resta ferma la facoltà per Il contratto individuale di lavoro e per i contratti
collettivi, di cui all'art. 1, comma 3, di prevedere che la corresponsione ai
lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a
carattere variabile, sia effettuata in misura più che proporzionale.
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