Legge e giustizia: mercoledì 24 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNIONE EUROPEA CHIAMATA A DECIDERE SUL RISARCIMENTO DEL DANNO PER ABUSO NELLE ASSUNZIONI A TERMINE - Nel settore pubblico (Tribunale di Trapani, con ordinanza del 5 settembre 2016, Est. Petrusa).

La lavoratrice G.S. ha lavorato per il Comune di Valderice con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato per più di cinque anni, ossia oltre il limite dei 36 mesi stabilito dalla Direttiva comunitaria 1999/70/CE e recepito dal diritto interno dall'art. 5 del D.Lgs. n. 368/2001. Ella ha convenuto davanti al Tribunale di Trapani, Sezione Lavoro, il Comune di Valderice chiedendo l'accoglimento delle seguenti domande: "1) accertare e dichiarare che l'amministrazione convenuta ha, in violazione della Direttiva UE 1999/70, posto in essere un abuso nell'utilizzazione dei contratti a termine stipulati con la parte ricorrente; 2) per l'effetto condannare la stessa al risarcimento del danno subito dal ricorrente in forma specifica, ordinando la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalla data del compimento del 36° mese di lavoro alle dipendenze dell'ente convenuto; 3) in subordine - salvo gravame ed azione nei confronti dello Stato italiano per violazione della Direttiva UE - condannarsi l'Amministrazione convenuta al risarcimento del danno in forma monetaria nei termini specifici in ricorso; 4) in ulteriore subordine, condannarsi lo Stato italiano in via gradata al risarcimento in forma specifica, ordinando che proceda, nell'ambito dei suoi poteri ex art. 8 della legge 5 giugno 2003, n, 131, e dall'articolo 41 della legge 234/2012 alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'ente convenuto in giudizio, ovvero, in via gradata, a risarcire il danno in forma monetaria nei termini specificati in ricorso; 5) condannarsi inoltre l'amministrazione convenuta, in applicazione dell'art. 6 D.Lgs. 368/2001, dell'art. 45 D.Lgs. 165/2001 e, comunque, della clausola 4 della Direttiva UE 1999/70, a retribuire e trattare sotto il profilo giuridico la ricorrente nella stessa misura di un lavoratore a tempo interminato suo dipendente con la medesima anzianità di servizio, condannandolo al risarcimento dei danni nella misura da quantificarsi in separata sede, in caso di mancata ottemperanza da parte dell'ente convenuto, con rivalutazione ed interessi".

Il Tribunale, con ordinanza del 5 settembre 2016 (Est. Petrusa), ampiamente motivata ha rilevato che la Suprema Corte (Sezioni Unite n. 5072/2016) in ottemperanza alle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia Europea in molteplici occasioni (da ultimo nella causa C-22/13 e altre riunite, caso Mascolo), ha indicato come misura tesa a sanzionare l'utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato da parte delle Amministrazioni pubbliche l'indennità di cui all'art. 32 co. 5° L. 183/2010 (da 2,5 a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto).

Pertanto il Tribunale di Trapani ha sollevato questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell'Unione europea a fornire le "precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua valutazione" menzionate nella sentenza emessa nel corso della causa C-22/2013 e cause riunite (Casa Mascolo), quindi, ai sensi dell'art. 267 TFUE, a pronunciarsi sui seguenti quesiti: 1) se rappresenti misura equivalente ed effettiva, nel senso di cui alle pronunce della Corte di Giustizia Mascolo (C-22/13 e riunite) e Morrosu (C-53/04), l'attribuzione di una indennità compresa fra 2,5 e 12 mensilità dell'ultima retribuzione (art. 32 co. 5° L. 183/2010) al dipendente pubblico, vittima di un'abusiva reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato, con la possibilità per costui di conseguire l'integrale ristoro del danno solo provando la perdita di altre opportunità lavorative oppure provando che, se fosse stato bandito un regolare concorso, questo sarebbe stato vinto; 2) se il principio di equivalenza menzionato dalla Corte di Giustizia (fra l'altro) nelle dette pronunce, vada inteso nel senso che, laddove lo Stato membro decida di non applicare al settore pubblico la conversione del rapporto di lavoro (riconosciuta nel settore privato), questi sia tenuto comunque a garantire al lavoratore la medesima utilità, eventualmente mediante un risarcimento del danno che abbia necessariamente ad oggetto il valore del posto di lavoro a tempo indeterminato.

Gli atti sono stati rimessi alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.


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