Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024

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E' PRECLUSA L'ESTERNALIZZAZIONE COME FORMA INCONTROLLATA DI ESPULSIONE DI FRAZIONI NON COORDINATE - Autonomia funzionale (Cassazione Sezione Lavoro n. 22935 del 10 novembre 2016, Pres. Di Cerbo, Rel. Balestrieri).

La giurisprudenza di legittimità è oramai orientata nel ritenere operante, anche a seguito del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32, il principio per cui per "ramo d'azienda", ai sensi dell'art. 2112 c.c., deve intendersi ogni entità economica organizzata la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità - come del resto previsto dalla prima parte del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32 - presupponendo ciò comunque una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma (potendo conservarsi solo qualcosa che già esiste), e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento o come tale unicamente identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l'esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell'imprenditore e non dall'inerenza del rapporto ad una entità economica dotata di autonoma ed obiettiva funzionalità (cfr. Cass. 15 aprile 2014 n. 8757, Cass. 4 dicembre 2012 n. 21711 e nello stesso senso Cass. 8 giugno 2009 n. 13171 e Cass. 9 ottobre 2009 n. 21481).

Del resto, come pure affermato da questa Corte, non può ammettersi un trasferimento di ramo d'azienda con riferimento alla sola decisione, assunta dal soggetto cedente, di unificare alcuni beni e lavoratori, affidando a questi un unica funzione al momento del trasferimento. Tanto infatti contrasterebbe, e con le direttive comunitarie nn. 1998/50 e 2001/23 che richiedono già prima di quest'atto "un'entità economica che conservi la propria identità" ossia un assetto già formato, e con gli artt. 4 e 36 Cost. che impediscono di rimettere discipline inderogabili di tutela dei lavoratori (sent. n. 115 del 1994 della Corte Cost.) ad un mero atto di volontà del datore di lavoro, incontrollabile per l'assenza di riferimento oggettivi (Cfr. Cass. 15 aprile 2014 n. 8757 e Cass. 4 dicembre 2012 n. 21711 cit.). Né a diverse conclusioni può indurre la sentenza 6 marzo 2014 della Corte di Giustizia resa nella causa Lorenzo Amatori e altri C-458/12, secondo la quale l'art. 1, par. 1, lett. a) e b), della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, la quale, in presenza di un trasferimento di una parte di impresa, consenta la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nell'ipotesi in cui la parte di impresa in questione non costituisca un'entità economica funzionalmente autonoma preesistente al suo trasferimento. 


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