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Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024
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IN CASO DI LICENZIAMENTO PER RAGIONI ORGANIZZATIVE SPETTA ALL'AZIENDA PROVARE L'IMPOSSIBILITA' DI REPECHAGE - Senza inversione dell'onere della prova (Cassazione Sezione Lavoro n. 20436 dell'11 ottobre 2016, Pres. Di Cerbo, Rel. Lorito).
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Va disatteso l'orientamento
giurisprudenziale secondo cui, in caso di licenziamento individuale per ragioni
organizzative, perché possa pretendersi il repéchage il lavoratore deve
collaborare nell'accertamento di un possibile reimpiego indicando gli altri
posti in cui potrebbe essere utilmente riallocato. Sul piano processuale, si impone l'evidenza che l'opzione adottata
dal giudice del merito in tema di repéchage
con riguardo all'onere di allegazione e collaborazione da parte del
lavoratore, si risolve in una sostanziale inversione dell'onere probatorio che
invece l'art. legge n. 604/66 pone
inequivocabilmente a carico del datore di lavoro, divaricando onere di
allegazione e onere probatorio, nel senso di addossare il primo ad una delle
parti in lite e il secondo
all'altra, laddove detti oneri non possono che incombere sulla medesima parte, nei senso che chi ha l'onere
di provare un fatto primario
(costitutivo del diritto azionato o impeditivo, modificativo od estintivo dello
stesso) ha altresì l'onere della relativa compiuta allegazione
(sull'impossibilità di disgiungere fra loro onere di allegazione e relativo
onere probatorio gravante sulla medesima parte v., ex aliis, Cass. cit. n. 12101/2016, Cass. 15/10/2014 n. 21847).
Nell'ottica descritta, va quindi rimarcato come la tesi che configura a carico
dei lavoratore l'onere di segnalare una sua possibilità di riallocazione
nell'ambito dell'assetto organizzativo aziendale, non appare coerente con la
lettera e la ratio che sorregge
l'art. 5 legge n. 604/66, secondo cui l'onere della prova circa l'impossibilità
di adibire il lavoratore a mansioni analoghe e quelle svolte in precedenza è
posto a carico della parte datoriale,
con esclusione di ogni incombenza, anche solo in via mediata, a carico del
lavoratore (cfr. in tal senso Cass. 7/7/1992 n. 8254, richiamata più di recente
da Cass. 5/3/2015 n. 4460).
In tal senso appare pertinente la considerazione
che come il creditore, provata la fonte legale o negoziale del proprio diritto,
ha poi solo l'onere di allegare l'altrui inadempimento, mentre il debitore deve
provare i fatti impeditivi,
modificativi od estintivi della pretesa azionata (cfr., per tutte, Cass. S.U.
30/10/2001 n. 13533 e successiva conforme giurisprudenza), così - nel campo
specifico che ne occupa - il lavoratore, creditore della reintegra, una volta
provata l'esistenza d'un rapporto di lavoro a tempo indeterminato risolto dal licenziamento intimatogli, deve
solo allegare l'altrui inadempimento, vale a dire l'illegittimo rifiuto di
continuare a farlo lavorare oppostogli dal datore di lavoro in assenza di
giusta causa o giustificato motivo, mentre su questo incombe allegare e
dimostrare il fatto estintivo, vale a dire l'effettiva esistenza d'una giusta
causa o d'un giustificato motivo di recesso (in tali sensi, in motivazione,
vedi Cass. 13/6/2016 n. 12101). E in tale ultimo fatto estintivo (cioè nel
giustificato motivo oggettivo di licenziamento) della cui prova è onerato il
datore di lavoro rientra pure l'impossibilità del c.d. repéchage. Non può sottacersi, del resto, che il risalente ed
innanzi descritto orientamento, non si palesa coerente con quella linea
evolutiva della giurisprudenza in tema di onere della prova, qui condivisa, che
va accentuando il principio della vicinanza della prova, inteso come apprezzamento
dell'effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di offrirla (vedi ex plurimis, Cass. 9/11/2006 n.
23918, Cass. 4/5/2012 n. 6799,
Cass. 29/1/2016 n. 1665, Cass. 31/3/2016 n. 6209). Invero, mentre il lavoratore
non ha accesso (o non ne ha di completo) al quadro complessivo della situazione
aziendale per verificare dove e come potrebbe essere riallocato, il datore di
lavoro ne dispone agevolmente, sicché è anche più vicino alla concreta
possibilità della relativa allegazione e prova. Dalle superiori argomentazioni
discende quindi che la pronuncia impugnata, non si palesa coerente con gli
enunciati principi in tema di repéchage, giacché, dopo aver ritenuto riferibile il licenziamento del ricorrente
alla soppressione della posizione lavorativa cui era adibito, per essere stata
oggetto di esternalizzazione, ha statuito che il lavoratore non aveva assolto
agli oneri di collaborazione nell'accertamento di un possibile repéchage.
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