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Legge e giustizia: mercoledì 24 aprile 2024
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LA VALUTAZIONE DATORIALE SULL'ESITO DELLA PROVA E' AMPIAMENTE DISCREZIONALE - Ma il licenziamento è nullo in caso di motivo illecito (Cassazione Sezione Lavoro n. 1180 del 18 gennaio 2017, Pres. Nobile, Rel. Ghinoy).
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Nella fase genetica del rapporto di lavoro le parti possono
apporre una clausola di prova disciplinata dall'art. 2096 del cod. civ., dove
l'interesse prevalente è la sperimentazione e la valutazione
da parte del datore di lavoro, delle caratteristiche e delle qualità del
lavoratore, nonché del proficuo inserimento di quest'ultimo nella struttura
aziendale. Al termine del periodo, il datore di lavoro può licenziare il
lavoratore, senza essere tenuto a motivare il licenziamento in modo specifico
né a riconoscere il preavviso. La libertà nel recesso non significa tuttavia
che esso sia a totale discrezione del datore di lavoro: la Corte Costituzionale
nella sentenza n. 189 del 1980, ha ritenuto infondata la questione di
costituzionalità degli artt. 2096, comma terzo, c.c. e 10, L. 15 luglio 1966,
n.604, nelle parti in cui consentono il recesso immotivato del datore dal
rapporto di lavoro in prova, non contrastino con gli artt. 3, commi primo e
secondo, 4, 25 e 41, comma secondo, Cost., a patto di riconoscere la
sindacabilità del concreto esercizio del recesso operato dall'imprenditore in
costanza del periodo di prova e l'annullabilità dell'atto nel quale si esprime,
tutte le volte che il lavoratore "ritenga
e sappia dimostrare il positivo superamento dell'esperimento nonché
l'imputabilità del licenziamento ad un motivo illecito". Facendo
seguito a tale arresto, questa Corte ha affermato che il licenziamento intimato
nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non
deve essere motivato, neppure in caso di contestazione in ordine alla
valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore
stesso, aggiungendo tuttavia che incombe sul lavoratore licenziato, che deduca
in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l'onere di provare, secondo
la regola generale di cui all'art. 2697 cod. civ., sia il positivo superamento
del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da un motivo
illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova (Cass. n. 21784
del 14/10/2009, n. 16224 del 27/06/2013). Risultandone quindi circoscritta la
libertà di recesso nell'ambito della funzione cui il patto di prova è
finalizzato. Ne consegue che la valutazione datoriale in ordine all'esito della
prova è ampiamente discrezionale, sicché la prova da parte del lavoratore dell'esito
positivo dell'esperimento non è di per sé sufficiente ad invalidare il recesso,
assumendo rilievo tale circostanza se ed in quanto manifesti che esso è stato
determinato da motivi diversi.
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