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Legge e giustizia: mercoledì 24 aprile 2024
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RIPRISTINO DELL'INCARICO DIRIGENZIALE - Forma di tutela per il dirigente pubblico (Cassazione Sezione Lavoro n. 217 del 9 gennaio 2017, Pres. Napoletano, Rel. Tria).
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In applicazione dei principi affermati
dalla giurisprudenza della Suprema Corte a proposito della configurazione del
ripristino dell'incarico dirigenziale come una forma di tutela attribuibile da
parte del giudice ordinario in favore dei dirigenti pubblici che siano stati
privati, in tutto o in parte, delle loro mansioni per effetto di un illegittimo
provvedimento della P.A. datrice di lavoro, il suddetto ripristino - non
necessariamente riferito all'incarico originario e comunque da limitare alla
durata originariamente pattuita, con detrazione del periodo già trascorso - può
essere disposto dal giudice ordinario, senza che eventuali sopravvenute
modifiche organizzative adottate dall'Ente datore di lavoro possano impedire
una simile pronuncia, laddove sia stato accertato che la privazione delle
mansioni maggiormente caratterizzanti l'incarico dirigenziale conferito non sia
avvenuta per effetto dell'adozione da parte della P.A. di un provvedimento di
revoca - in ipotesi illegittimo, ma comunque espresso e motivato - ma a causa
di una riorganizzazione aziendale la quale, pur lasciando integri formalmente i
compiti affidati al dirigente, di fatto li abbia ridotti a quelli relativi agli
interventi di carattere routinario, oltretutto a vantaggio di un consulente
privato esterno alla P.A., senza alcuna specifica motivazione al riguardo. In
tale ultima ipotesi, infatti, il contrasto con i principi costituzionali e legislativi
di riferimento è ancora più grave che nel primo caso in quanto si riscontra la violazione
non solo dei principi di imparzialità e di buon andamento dell'azione
amministrativa di cui all'art. 97 Cost. (per il prodursi di una ingiustificata
discontinuità dell'azione amministrativa), ma anche del principio del giusto
procedimento (perché si viene a determinare una revoca implicita dell'incarico
dirigenziale, in contrasto con l'art. 3 della legge n. 241 del 1990 che
prescrive l'obbligo di motivazione per tutti i provvedimenti amministrativi) nonché
dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, per
l'ingiustificato aumento della "spesa complessiva per il personale
regionale e locale", che, come più volte sottolineato dal Giudice delle
leggi è una delle più frequenti e rilevanti cause del disavanzo pubblico.
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