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Legge e giustizia: mercoledì 08 maggio 2024
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LA PREDISPOSIZIONE DI MISURE DI SICUREZZA PER I LAVORATORI E' IMPOSTA DALL'ART. 32 COST. REP. - Diritto primario ed originario (Cassazione Sezione Lavoro n. 10145 del 21 aprile 2017, Pres. Bronzini, Rel. Leo).
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La mancata predisposizione di
tutti i dispositivi di sicurezza al fine di tutelare la salute dei lavoratori
sul luogo di lavoro viola l'art. 32 della Costituzione, che garantisce il
diritto alla salute come primario ed originario dell'individuo, nonché le
diposizioni antinfortunistiche, fra le quali quelle contenute del D.Lg.vo n.
626/94 - attuativo, come è noto, di direttive europee riguardanti il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nello svolgimento
dell'attività lavorativa - ed altresì dell'art. 2087 c.c. che, imponendo la
tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore da parte del datore di lavoro
prevede un obbligo, da parte di quest'ultimo, che non si esaurisce
"nell'adozione e nel mantenimento perfettamente funzionale di misure di
tipo igienico-sanitarie o antinfortunistico", ma attiene anche - e soprattutto
- alla predisposizione "di misure atte, secondo le comuni tecniche di
sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione di quella integrità
nell'ambiente o in costanza di lavoro anche in relazione ad eventi, pur se allo
stesso non collegati direttamente ed alla probabilità di concretizzazione del
conseguente rischio". Tale interpretazione estensiva della citata norma
del codice civile si giustifica alla stregua dell'ormai consolidato
orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr.. già da epoca risalente.
Cass. nn. 7768/95; 8422/97), sia in base al rilievo costituzionale del diritto
alla salute - art. 32 Cost. - sia per il principio di correttezza e buona fede
nell'attuazione del rapporto obbligatorio - artt. 1175 e 1375 c.c.,
disposizioni caratterizzate dalla presenza di elementi normativi e di clausole
generali (Generalklauseln) - cui deve essere improntato e deve ispirarsi anche
lo svolgimento del rapporto di lavoro, sia, infine, "pur se nell'ambito della generica responsabilità extracontrattuale",
ex art. 2043 c.c., in tema di neminem
laedere (al riguardo, questa Suprema Corte ha messo, altresì, in evidenza,
già da epoca non recente, che, in conseguenza del fatto che la violazione del
dovere del neminem laedere può
consistere anche in un comportamento omissivo e che l'obbligo giuridico di
impedire l'evento può discendere, oltre che da una norma di legge o da una
clausola contrattuale, anche da una specifica situazione che esiga una
determinata attività, a tutela di un diritto altrui, è da considerare
responsabile il soggetto che. pur consapevole del pericolo cui è esposto
l'altrui diritto, ometta di intervenire per impedire l'evento dannoso).
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