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Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024
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IL RICORSO PER CASSAZIONE DEVE RIPORTARE PUNTUALMENTE I SINGOLI PASSAGGI DELLO SVILUPPO PROCESSUALE - Artt. 214 e segg. c.p.c. (Cassazione Sezione Lavoro n. 10836 del 4 maggio 2017, Pres. Napoletano, Rel. Di Paolantonio).
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Il ricorso per cassazione, anche
quando venga dedotto un error in procedendo, rispetto al quale la Corte è
giudice del fatto processuale, deve contenere in sé tutti gli elementi
necessari a consentire la verifica della fondatezza della censura, sicché il
ricorrente è tenuto a riportare puntualmente nel ricorso i singoli passaggi
dello sviluppo processuale nel corso del quale l'errore sarebbe stato commesso e
a produrre gli atti rilevanti o quantomeno a indicare, ai fini di un controllo
mirato, i luoghi del processo ove è possibile rinvenire detti atti. Dal
principio generale discende che ove venga denunciata la violazione degli artt.
214 e seguenti cod. proc. civ. in conseguenza della quale il giudice del merito
avrebbe fondato la decisione su un documento non utilizzabile, è necessario che
il ricorrente riporti nel ricorso, oltre al contenuto della scrittura
disconosciuta, le parti dell'atto con il quale il disconoscimento sarebbe stato
effettuato nonché le deduzioni della controparte immediatamente successive al
disconoscimento medesimo. Si tratta di elementi dello sviluppo processuale
necessari ai fini della decisione sulla fondatezza della censura perché da un
lato il disconoscimento, pur non richiedendo formule sacramentali, deve avere i
caratteri della specificità e della determinatezza, dall'altro l'istanza di
verificazione della scrittura può essere anche implicita e non esige la formale
apertura di un procedimento incidentale, né l'assunzione di nuove prove, quando
gli elementi acquisiti o la situazione processuale siano ritenuti sufficienti per
una pronuncia al riguardo (Cass. 24.5.2012 n. 8272 e Cass. 6.6.2006 n. 13258).
Il ricorrente, pertanto - ha rilevato la Corte - avrebbe dovuto riportare nel
ricorso il tenore del documento ed il contenuto del verbale dell'udienza di
discussione nel corso della quale il disconoscimento sarebbe avvenuto, al fine
di consentire alla Corte di deliberare ex
actis la rilevanza della questione posta. Alle considerazioni che
precedono, già assorbenti, si deve aggiungere che la nullità di un atto di
acquisizione probatoria non comporta la nullità derivata della sentenza, atteso
che "i rapporti tra atto istruttorio
nullo e decisione non possono definirsi in termini di eventuale nullità
derivata di quest'ultima, quanto, piuttosto, di giustificatezza o meno delle
statuizioni in fatto della sentenza, la quale, in quanto fondata sulla prova
nulla (che quindi non può essere utilizzata) o sulla esclusione di una prova
con provvedimento nullo, è priva di (valida) motivazione, non già nulla a sua
volta, atteso che l'atto istruttorio, puramente eventuale, non fa parte
dell'indefettibile serie procedimentale che conduce alla sentenza ed il cui
vizio determina la nullità, ma incide soltanto sul merito delle valutazioni (in
fatto) compiute dal giudice, sindacabili in sede di legittimità esclusivamente
nei limiti consentiti dall'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ."
(Cass. 3.9.2014 n. 18587). Da detto principio generale discende che,
allorquando il vizio denunciato attenga alla acquisizione di prove documentali,
ai fini di una pronuncia di annullamento per tale motivo della sentenza
impugnata, risulta necessario stabilire se e quale incidenza abbiano avuto le
suddette prove irritualmente acquisite sulla decisione adottata dalla Corte di
merito.
Il vizio, cioè - ha precisato la
Corte - esula dalla ipotesi prevista dall'art. 360 n. 4 cod. proc. civ. ed è
denunciabile, per le sentenze pubblicate nella vigenza dell'art. 360 n. 5 cod.
proc. civ., come modificato dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7
agosto 2012, n. 134, solo qualora l'errore commesso abbia comportato l'omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione
fra le parti.
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