Legge e giustizia: venerd́ 19 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

L'ACCORDO CONCLUSO DAL SINDACATO CON L'AZIENDA PER LA SOSPENSIONE DEI DIPENDENTI DAL LAVORO SENZA RETRIBUZIONE DEVE ESSERE RATIFICATO DAI LAVORATORI - Anche con comportamenti concludenti (Cassazione Sezione Lavoro n. 18053 del 24 agosto 2007, Pres. Mattone, Rel. Amoroso).

La S.p.A. Valastro Carni, nel 1989 ha revocato un licenziamento collettivo ed ha concordato con le organizzazioni sindacali la sospensione dal lavoro senza retribuzione dei dipendenti interessati alla revoca, in attesa dell'esito della domanda di concessione del trattamento di cassa integrazione; l'accordo escludeva il diritto dei lavoratori alla retribuzione in caso di mancata concessione della cassa integrazione. L'esito della domanda aziendale è stato negativo. Egidio F. ed altri hanno chiesto al Pretore di Messina la condanna dell'azienda al pagamento della retribuzione relativa al periodo di sospensione dal lavoro, sostenendo che l'accordo sottoscritto dal sindacato con l'azienda non aveva efficacia nei loro confronti in quanto non avevano dato mandato all'organizzazione sindacale di concluderlo, né lo avevano ratificato. Il Pretore ha rigettato la domanda. In grado di appello, il Tribunale di Messina ha confermato la decisione di primo grado in quanto ha ritenuto che i lavoratori, con la loro inerzia, abbiano ratificato l'accordo sindacale. I lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione del Tribunale per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 18053 del 24 agosto 2007, Pres. Mattone, Rel. Amoroso) ha accolto il ricorso. L'accordo sindacale ricostruito dai giudici di merito - ha osservato la Corte - implicando una rinuncia alla retribuzione, richiedeva un espresso mandato dei lavoratori al sindacato che aveva trattato con la società ovvero l'assenso espresso o tacito dei lavoratori interessati o la successiva ratifica dell'accordo sindacale stesso; anche un mero comportamento concludente di questi ultimi - come hanno correttamente rilevato in diritto i giudici di merito - sarebbe stato sufficiente a ratificare l'accordo. Ma nella specie - ha affermato la Corte - l'impugnata sentenza, nel ritenere la ratifica tacita dell'accordo proprio per comportamento concludente, svela un'intrinseca contraddittorietà che ridonda in vizio di motivazione; la Corte di Appello ha ritenuto che i lavoratori interessati avessero ratificato l'accordo sindacale non risultando che, immediatamente dopo la revoca del licenziamento, alcuno dei lavoratori avesse contestato alcunché; essi avevano quindi accettato tacitamente la revoca dei licenziamenti collettivi senza ripresa dell'attività lavorativa al fine di poter beneficiare del trattamento di cassa integrazione guadagni; e ciò significava anche la rinuncia alla retribuzione. Però la mera inerzia dei lavoratori alla revoca dei licenziamenti collettivi senza ripresa dell'attività lavorativa, ma accompagnata dalla richiesta dell'intervento della cassa integrazione guadagni - ha osservato la Corte - costituisce circostanza in sé neutra se non si accompagna anche alla conoscenza delle trattative sindacali e dell'accordo raggiunto; invece nell'impugnata sentenza si afferma soltanto che i lavoratori erano a conoscenza dello "stato di disagio" della società e del ricorso per tre anni alla cassa integrazione. Però - ha rilevato la Cassazione - ciò significa solo che i lavoratori ben conoscevano le difficoltà economiche della società, ma non anche che la revoca dei licenziamenti collettivi si accompagnava all'esonero dal pagamento della retribuzione, ciò costituiva il contenuto dell'accordo sindacale e solo se di tale accordo avessero avuto contezza i lavoratori interessati sarebbe stato possibile valorizzare, come significativa, l'inerzia tenuta dagli stessi subito dopo la revoca dei licenziamenti collettivi e dedurre la ratifica dell'accordo stesso.


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