Legge e giustizia: sabato 20 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

L'IMPIEGATO MINISTERIALE INCARICATO DELLA REGGENZA DI UN UFFICIO DIRIGENZIALE HA DIRITTO ALLE DIFFERENZE DI RETRIBUZIONE - Per mansioni superiori svolte (Cassazione Sezione Lavoro n. 9130 del 17 aprile 2007, Pres. Ianniruberto, Rel. Picone).

Carla M., dipendente del Ministero della Giustizia inquadrata con la IX qualifica funzionale, ha svolto dall'aprile 95 all'ottobre 2000 le mansioni superiori di primo dirigente dell'ufficio del giudice di pace, essendo stata nominata reggente di tale ufficio, in attesa della copertura del posto rimasto vacante. Quando è stato nominato il nuovo titolare dell'ufficio, sono cessate le sue funzioni di reggente. Nel marzo del 2001 ella ha chiesto al Tribunale di Firenze di condannare il Ministero a corrisponderle le differenze di retribuzione per le mansioni superiori svolte. Il Tribunale ha dichiarato il suo difetto di giurisdizione per il periodo sino al 30 giugno 98 ed ha condannato il Ministero al pagamento di 41.000,00 euro a titolo di differenze retributive maturate nel periodo successivo. Questa decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Firenze con le seguenti argomentazioni: a) la funzione vicaria rispetto al dirigente, attribuita all'impiegato inquadrato nell'ex IX qualifica funzionale, poi area C3, presuppone che il posto sia coperto dal titolare, mentre nel caso di specie il titolare dell'ufficio era stato nominato solo in data 17.10.2000; b) sebbene stipulato in data 19.2.1999, il contratto collettivo di comparto, recante il nuovo sistema di inquadramento del personale, trovava applicazione dal 1° gennaio 1998, giusta la previsione specifica del suo art. 2, e questa era la data di decorrenza del diritto alla retribuzione delle mansioni superiori, diritto contemplato dall'art. 56, comma 6, primo periodo, d.lgs. 29/1993 nel testo introdotto dall'art. 15 d.lgs. 387/1998 (ora art. 52 d.lgs. 165/2001); c) la diversa previsione dell'art. 24, comma 4, dello stesso c.c.n.l., circa la necessità della definizione da parte delle amministrazioni dei criteri relativi alla materia del conferimento delle mansioni superiori per l'entrata in vigore della nuova disciplina delle mansioni superiori, non poteva derogare la previsione legale. Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione censurando la decisione della Corte di Firenze per erronea interpretazione della normativa collettiva applicabile e per violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 9130 del 17 aprile 2007, Pres. Ianniruberto, Rel. Picone) ha rigettato il ricorso in quanto, tra l'altro, ha ritenuto infondata la tesi ministeriale secondo cui tra le mansioni del personale appartenente alla nona qualifica funzionale erano comprese le funzioni di reggenza dell'ufficio. La Corte ha comunque affermato che il diritto del pubblico impiegato di essere compensato per lo svolgimento di mansioni superiori non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità dell'assegnazione e alla previsione dei contratti collettivi.

Nella motivazione della sentenza della Suprema Corte si legge, sul punto, quanto segue: "Infondata è la tesi secondo la quale la "reggenza" dell'ufficio sarebbe compresa tra le mansioni della IX qualifica funzionale (poi C/3). Dispone l'art. 20 del d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266 - Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale dipendente dai Ministeri - che il personale appartenente alla nona qualifica funzionale, istituita dall'art. 2 del decreto-legge 28 gennaio 1986, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1986, n. 78, espleta, tra l'altro, le funzioni di sostituzione del dirigente in caso di assenza o di impedimento, nonché di reggenza dell'ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare. L'interpretazione della norma, rispettosa del canone di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e dei principi di tutela del lavoro (art. 35 e 36 Cost.; art. 2103 c.c.; art. 52 d.lgs. 165/2001), è nel senso che l'ipotesi della reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata anch'essa dalla straordinarietà e temporaneità, come reso palese dall'espressione "in attesa della destinazione del dirigente titolare". Di conseguenza, la reggenza dell'ufficio è consentita, senza dar luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura. Al di fuori di questa specifica ipotesi contemplata dalla norma regolamentare, la reggenza dell'ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali e correttamente il giudice del merito ne ha ritenuto la sussistenza con riguardo ad una vacanza esistente fin dal 1995 e di nomina del dirigente soltanto nell'anno 2000.

Né la situazione è mutata per effetto della nuova classificazione del personale attuata dal c.c.n.l. del comparto ministeri 16 febbraio 1999 (all. A), le cui disposizioni, anzi, sono state interpretate da questa Corte nel senso che non ricomprende tra le mansioni proprie del profilo lavorativo relativo alla posizione economica "C3" le funzioni di reggenza della posizione lavorativa dirigenziale. Tutte le restanti censure attengono, con le diverse argomentazioni sopra riferite, al tema del diritto della M. ad essere retribuita per le mansioni superiori svolte. La giurisprudenza della Corte ha già scrutinato la questione con riguardo al periodo precedente l'entrata in vigore della disposizione ora recata dall'art. 52 d.lgs. 165/2001 (art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 del d.lgs. n. 387 del 1998), con specifico riferimento alla previsione, del comma 5 (Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore ...).

E' stato enunciato il principio di diritto secondo il quale, nel pubblico impiego privatizzato, il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, stabilito dal comma 6 dell'art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993 come modificato dall'art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998, è stato soppresso dall'art. 15 del d.lgs. n. 387 del 1998 con efficacia retroattiva, atteso che la modifica del comma 6 ultimo periodo disposta dalla nuova norma è una disposizione di carattere transitorio, non essendo formulata in termini atemporali, come avviene per le norme ordinarie, ma con riferimento alla data ultima di applicazione della norma stessa e quindi in modo idoneo a incidere sulla regolamentazione applicabile all'intero periodo transitorio.

In mancanza di ragioni nuove e diverse, opera il principio di fedeltà ai precedenti, sul quale si fonda, per larga parte, l'assolvimento della funzione ordinamentale e, al contempo, di rilevanza costituzionale, di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge nonché l'unità del diritto oggettivo nazionale affidata alla Corte di cassazione.

La portata retroattiva della disposizione risulta, peraltro, conforme alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha ritenuto l'applicabilità anche nel pubblico impiego dell'art. 36 Cost., nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla conseguente intenzione del legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali. Al principio enunciato consegue che il diritto ad essere compensato per lo svolgimento di mansioni superiori (nella misura stabilita specificamente dalla legge, pari alla differenza di retribuzione con la qualifica cui corrispondono le mansioni svolte di fatto) non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità dell'assegnazione e alle previsioni dei contratti collettivi."


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