Legge e giustizia: sabato 27 aprile 2024

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LA DISDETTA DEL CONTRATTO A TEMINE NON COSTITUISCE LICENZIAMENTO - Tuttavia, se il termine è nullo, il lavoratore ha diritto di riprendere il posto (Cassazione Sezione Lavoro n. 16008 del 14 luglio 2006, Pres. Mattone, Rel. Di Cerbo).

Nell'ipotesi di scadenza di un contratto a termine illegittimamente stipulato e di comunicazione al lavoratore, da parte del datore di lavoro, della conseguente disdetta, non sono applicabili né la norma di cui all'art. 6 della legge 15.7.1966 n. 604 (che stabilisce un termine di 60 giorni per l'impugnazione), né quella di cui all'art. 18 della legge 20.5.1970 n. 300 (che in caso di recesso illegittimo prevede la reintegrazione e il risarcimento del danno). Non si tratta infatti di licenziamento. Tuttavia la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, in caso di accertata nullità del termine, dà ugualmente al dipendente il diritto di riprendere il suo posto e di ottenere il risarcimento del danno qualora ciò gli venga negato. Mentre la tutela prevista dall'art. 18 St. Lav. attiene ad una fattispecie tipica, disciplinata dal legislatore con riferimento al recesso del datore di lavoro e presuppone l'esercizio della relativa facoltà con una manifestazione unilaterale di volontà di determinare l'estinzione del rapporto, una simile manifestazione non è configurabile nel caso di disdetta con la quale il datore di lavoro, allo scopo di evitare la rinnovazione tacita del contratto, comunichi la scadenza del termine, sia pure invalidamente apposto, al dipendente, sicché lo svolgimento delle prestazioni cessa in ragione della esecuzione che le parti danno ad una clausola nulla. Ne consegue che, al dipendente che cessi l'esecuzione della prestazione lavorativa per attuazione di fatto del termine nullo, non spetta la retribuzione finché non provveda ad offrire la prestazione stessa, determinando una situazione di mora accipiendi del datore di lavoro, situazione, questa, che non è integrata dalla domanda di annullamento del licenziamento illegittimo con la richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro.

 


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